Il coniuge tradito può chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale? Assolutamente sì. Perché ciò avvenga, però, non basta il mero tradimento. È necessario che questo si sia verificato con modalità insultante, ingiuriosa ed offensiva e sia di rilevante gravità. Abbia cioè leso un diritto costituzionalmente garantito qual è quello della dignità della persona.
Con una recente sentenza, la n. 558/2020, il Tribunale di Reggio Emilia ha riesumato questo principio di diritto enucleato ed enunciato a più riprese dalla Corte di Cassazione.
Ma partiamo dalla normativa in materia di diritto di famiglia. Secondo le disposizioni contenute nel Codice Civile, il mero tradimento può giustificare solo l’addebito della separazione qualora esso abbia causato la crisi coniugale; non può fondare una domanda risarcitoria. La violazione dei doveri matrimoniali previsti dall’art. 143, quale l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione, non integra di per sé automaticamente una responsabilità risarcitoria.
Cambia il discorso se tale violazione leda diritti costituzionalmente protetti e la lesione superi la soglia della tollerabilità (v. Cass. n. 6598/2019 e Cass. n. 8862/2012). In tal caso vi saranno gli estremi dell’illecito civile (endofamiliare se commesso da persone legate da vincoli familiari) e ciò potrà legittimare il coniuge tradito a chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 Codice Civile. A tal fine non sarà neppure necessario l’addebito della separazione.
Come dicevamo, con la sentenza n. 558 del 24 giugno 2020, il Tribunale di Reggio Emilia ha ripreso questo principio sancito dalla Suprema Corte.
I fatti
Nel corso del matrimonio, la moglie dava alla luce un bambino, indicato nello stato civile come figlio dei due coniugi. Questi, in seguito, si separavano e, dopo la sentenza di divorzio, lei convolava a nuove nozze con altra persona. Successivamente, l’ex marito veniva a sapere che durante la vita matrimoniale la moglie aveva intrattenuto una relazione extraconiugale dalla quale, riteneva, fosse nato il figlio. Al che promuoveva una causa di disconoscimento di paternità, che si concludeva con un’incompatibilità genetica tra l’uomo e il bambino, come stabilito dal CTU.
L’ex marito evocava dunque in giudizio l’ex moglie perché venisse condannata a risarcirgli il danno non patrimoniale e di natura endofamiliare, quantificato in150.000 euro, sofferto a seguito della scoperta di non essere il padre biologico del bambino ed in ragione del fatto che la moglie aveva “celato all’istante che la propria gravidanza e la nascita del figlio eranodovute ad un rapporto con un altro uomo”.
La donna, in giudizio, deduceva che era sempre stata convinta della effettiva paternità dell’ex marito rispetto al figlio, che comunque nel caso di specie mancavano i comportamenti ingiuriosi, offensivi ed aggressivi necessari per potere configurare la risarcibilità del danno endofamiliare, e che inoltre non vi era prova del nesso causale tra la presunta mancata paternità e lo stato depressivo dell’ex marito.
I Giudici emiliani ribadiscono quanto enucleato dalla Cassazione. Il comportamento della ex moglie – scrivono in sentenza – è astrattamente idoneo ad essere qualificato come fonte di danno endofamiliare, ed in particolare quello di avere “celato all’istante che la propria gravidanza e la nascita del figlio erano dovute ad un rapporto con un altro uomo”. In sostanza, la violazione di un diritto fondamentale della persona in questo caso non deriva dal mero tradimento, che sarebbe rilevante solo ex art. 143 c.c. nell’ambito del diritto di famiglia, ma dalla diversa e distinta situazione di nascondere al marito che la gravidanza era dovuta ad rapporto con un altro uomo.
Su questa consapevolezza da parte dell’ex moglie, l’uomo doveva basare la sua domanda risarcitoria. E di questa consapevolezza lo stesso doveva fornire prova. Ciò che non ha fatto, ragione per la quale il Tribunale ha rigettato la domanda dell’attore.
Resta però fermo che, se l’uomo avesse dimostrato che la moglie sapeva che il figlio era nato dalla relazione extraconiugale, avrebbe provato la sussistenza di un illecito endofamiliare con conseguente diritto al risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 Codice Civile.