Il 9 agosto è entrata in vigore la legge 69/2019, più nota come Codice Rosso, che tutela le vittime di violenza domestica e di genere. Essa mira non soltanto ad inasprire le pene per combattere il dilagare di violenze, maltrattamenti e femminicidi, ma anche ad accelerare i tempi di intervento da parte delle autorità per scongiurare l’aggravarsi delle condizioni della vittima.
Il Codice Rosso introduce intanto quattro nuove fattispecie di reato:
- violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, punita con la reclusione da sei mesi a tre anni (art. 387 bis c.p.);
- costrizione o induzione al matrimonio, punita con la reclusione da uno a cinque anni, aggravata se commessa a danno di minori(art. 558 bis c.p.);
- deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, punita con la reclusione da otto a quattordici anni (art. 583 quinquies c.p.);
- diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, c.d. revenge porn, punita con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000 (art. 612 ter c.p.).
Contemporaneamente inasprisce le pene per i reati di stalking, di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di violenza sessuale su minore.
Ma la legge modifica anche il codice di procedura penale, imponendo una maggiore rapidità delle indagini in favore delle vittime di violenza domestica e di genere così da garantire loro una corsia preferenziale.
La Polizia Giudiziaria deve infatti comunicare immediatamente al Pubblico Ministero la notizia di reato relativa a questi delitti di cui è venuta a conoscenza; comunicazione che può essere data anche in forma orale e che dev’essere seguita senza ritardo da quella scritta con specifiche indicazioni e documenti (art. 347, comma 3, c.p.p.).
Lo scopo è quello di coinvolgere immediatamente il Pubblico Ministero, così che possa coordinare le indagini fin da subito e adottare tutte le misure e i provvedimenti urgenti per tutelare la vittima del reato e per acquisire prove.
Inoltre, il Pubblico Ministero deve assumere informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa (art. 362, comma 1 ter, c.p.p.).
La norma si propone di offrire maggiore tutela alla vittima, ma desta alcune perplessità. Qualora la persona offesa sia già stata ascoltata dalla Polizia Giudiziaria, che ha assunto informazioni esaustive e sufficienti, il fatto che venga sentita entro tre giorni anche dal Pubblico Ministero potrebbe risultare improduttivo: sia perché la vittima sarebbe costretta a rivivere l’esperienza della violenza più volte, attraverso il racconto e il ricordo, sia perché il Pubblico Ministero svolgerebbe un lavoro non più necessario, già svolto dalle Forze dell’Ordine. La norma va dunque interpretata in maniera flessibile.
La legge prevede inoltre il finanziamento di 7 milioni, a partire dal 2020, in favore degli orfani del femminicidio, trattamenti psicologici per i condannati per reati sessuali e specifici corsi di formazione per il personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia penitenziaria.