Studio Legale Cassella

E’ reato prendere a parolacce la moglie: lo stabilisce la Cassazione con sent. 54053/2018

Dicembre 8, 2018.
foto da: https://www.siracusatimes.it/

Sul delitto di maltrattamenti in famiglia la Cassazione non ha mai avuto dubbi: perché si configuri è necessaria l’abitualità del comportamento dell’aggressore. E sulla stessa scia è stata sempre la dottrina. Di recente, però, la Suprema Corte ha fatto un’inversione di rotta.

Partiamo intanto dall’articolo 572 codice penale, secondo il quale: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente (abuso dei mezzi di correzione o di disciplina n.d.r.), maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni”.
Nel comma successivo prevede, poi, tre ipotesi di circostanze aggravanti.

Orbene, dicevamo che secondo la giurisprudenza e la dottrina maggioritaria uno dei requisiti imprescindibili del reato di maltrattamenti in famiglia è sempre stata l’abitualità della condotta. Pertanto il singolo episodio di violenza (fisica o verbale) pone in essere un altro reato: quello di violenza privata di cui all’art. 610 codice penale, punito con la reclusione fino a 4 anni (e quindi più favorevole rispetto ai 6 anni previsti per i maltrattamenti in famiglia).

Con sentenza n. 54053 del 2018 la Cassazione ha, però, deciso di prescindere dal requisito dell’abitualità e di ritenere sussistenti i maltrattamenti in famiglia nonostante la condotta aggressiva del familiare fosse stata sporadica.

Ma andiamo al caso di specie: sia in primo che in secondo grado un marito era stato condannato per maltrattamenti a causa di insulti rivolti alla moglie. I legali dell’uomo avevano proposto ricorso in Cassazione ritenendo che la condanna ex art. 572 codice penale fosse sproporzionata rispetto alla sua condotta: il marito aveva, sì, offeso la moglie con ingiurie e parolacce, ma soltanto in quattro episodi sporadici e per un brevissimo arco temporale.

La Cassazione, però, ha confermato la condanna: è sufficiente “il compimento di più atti, delittuosi o meno, di natura vessatoria che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, senza che sia necessario che essi vengano posti in essere per un tempo prolungato, essendo, invece, sufficiente la loro ripetizione, anche se per un limitato periodo di tempo, idonea a determinare la sofferenza fisica o morale continuativa della parte offesa”.
Secondo la Corte, dunque, anche pochi episodi possono arrecare una sofferenza grave al coniuge e quindi una lesione della sua moralità. Ergo, gli insulti rivolti alla moglie configurano il delitto di maltrattamenti in famiglia.

La giurisprudenza si è così discostata dal suo orientamento dominante. Non resta che attendere le prossime pronunce della Cassazione e, molto probabilmente, un intervento delle Sezioni Unite che dirima il contrasto ormai insorto.

E’ reato prendere a parolacce la moglie: lo stabilisce la Cassazione con sent. 54053/2018ultima modifica: 2018-12-08T14:23:09+01:00da
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